domenica, dicembre 30, 2007

Into the Wild

Da Sean Penn una riflessione sul grande mito della natura
Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera


Sembra di veder scorrere davanti agli occhi un concentrato di mitologia americana mentre si assiste alla proiezione di Into the Wild, il film di Sean Penn presentato nella sezione Première. La frontiera, la wilderness, il confronto con l' altro, la scommessa dell' autosufficienza, il distacco dalla famiglia, il nomadismo, la presenza di Dio... È il primo dei meriti di Penn: aver scelto per la sua quarta regia una storia che supera di slancio il respiro dell' aneddoto per aprirsi su una riflessione molto più ampia, che abbraccia i miti fondanti di una nazione e di una cultura. La storia è quella, vera, di Christopher McCandless (Emile Hirsch), ventenne del West Virginia che dopo il diploma conseguito a pieni voti decide di rompere ogni rapporto con la propria famiglia - e con una brillante prospettiva universitaria - per girovagare negli States.
Sembra di veder scorrere davanti agli occhi un concentrato di mitologia americana mentre si assiste alla proiezione di Into the Wild, il film di Sean Penn presentato nella sezione Première. La frontiera, la wilderness, il confronto con l' altro, la scommessa dell' autosufficienza, il distacco dalla famiglia, il nomadismo, la presenza di Dio... È il primo dei meriti di Penn: aver scelto per la sua quarta regia una storia che supera di slancio il respiro dell' aneddoto per aprirsi su una riflessione molto più ampia, che abbraccia i miti fondanti di una nazione e di una cultura. La storia è quella, vera, di Christopher McCandless (Emile Hirsch), ventenne del West Virginia che dopo il diploma conseguito a pieni voti decide di rompere ogni rapporto con la propria famiglia - e con una brillante prospettiva universitaria - per girovagare negli States. Con due scopi complementari: recuperare un rapporto incontaminato con la Natura e tagliare ogni possibile legame con il consumismo e l' arrivismo imperanti. Senza nessun tipo di rete: né economica (devolve i suoi risparmi in beneficenza, taglia le carte di credito, brucia quelle sanitarie e d' identità) né sociale (nessuna comunicazione alla famiglia, nessun supporto o aiuto). Un viaggio lungo quasi tre anni che lo porta ad attraversare il Paese per poi dirigersi dove pensa di potersi confrontare con la Natura allo stato puro, cioè in Alaska. Responsabile anche della sceneggiatura (tratta dal libro di Jon Krakaurer edito in Italia da Corbaccio), Penn rompe da subito la continuità spaziale e temporale per ridurre al minimo l' enfasi epica del viaggio (solo verso la fine dei 148 minuti di proiezione ci si comincia a interrogare sul destino di Chris) e approfondire invece alcuni momenti fondanti di quella esperienza. Come se i vari episodi vissuti dal protagonista, che intanto si fa chiamare Alex Supertramp (il super camminatore), fossero piuttosto delle divagazioni filosofiche sui singoli aspetti della mitologia americana. Ecco allora l' esperienza della distanza attraverso gli spostamenti e i viaggi - in autostop, in treno, soprattutto a piedi - dove misurarsi con la Natura come estensione, come terreno «di gioco». Oppure le pause di lavoro (Chris/Alex deve pensare a mantenersi, a pagarsi l' equipaggiamento per l' Alaska), dove il film ci mostra un' altra America, agricola ma soprattutto cameratesca, scanzonata, lontanissimo dal perbenismo borghese della famiglia McCandless. O l' incontro con Jan e Rainey (Catherine Keener e Brian Dierker), hippies un po' fuori tempo massimo che offrono al protagonista il calore di un affetto totalmente gratuito, senza autoritarismi o «ricatti sentimentali». O ancora la componente più selvaggia e inquietante della Natura, come le rapide del Gran Canyon, i fiumi in piena dell' Alaska, la mancanza di cibo quando non addirittura di un cibo avvelenato. O la «parentesi» con un vecchio (Hal Holbrook) che gli fa vedere l' armonia divina che esiste nella natura e nelle cose... Penn, che cercava di realizzare questo film da più di dieci anni e che si augura «di far battere i cuori dei giovani più velocemente» offrendo loro l' indicazione di «un percorso alla ricerca di una maggior libertà e una minor dipendenza dal confort e dal consumismo», sceglie uno stile di regia che cerca di adattarsi alla varietà dei temi affrontati, modificando continuamente il modo di riprendere, a volte sottolineando la bellezza selvaggia della Natura, altre volte spezzando l' inquadratura come per far dialogare tra loro immagini diverse, altre volte ancora scommettendo tutto sui primissimi piani e la forza espressiva degli attori. Tutti davvero straordinari. Per costringerci, con un drammatico finale che non sveliamo, a fare i conti con l' ultimo «messaggio» lasciato da Chris: la propria felicità va divisa con gli altri.

Inoltre:

Colonna sonora Into the Wild
Se in Dead Man Walking e Mi chiamo Sam le strade professionali di Sean Penn ed Eddie Vedder si sono incrociate (i Pearl Jam hanno contribuito alla colonna sonora dei due film interpretati dall'attore), per la sua nuova prova registica Penn chiede all'amico di lavorare all'intera stesura del soundtrack. "Ero appena rientrato da un tour con la mia band quando Sean mi ha chiamato" ricorda il leader della celebre formazione di Seattle. "Ho letto il libro e ho pensato subito che si sarebbe trattato di un grosso impegno. Qualche giorno dopo, senza che me lo aspettassi, Sean mi è venuto a far visita a casa - viviamo nello stesso quartiere - e mi ha mostrato il film. Era talmente bello e perfetto che mi sono chiesto a cosa gli potessi servire io". L'apporto di Eddie Vedder è utile per capire meglio Christopher McCandless, un giovane attivista di appena vent'anni che, abbandonati i suoi averi, decide di andare a vivere nella selvaggia Alaska. Questo accadeva poco tempo dopo l'uscita di Ten, album d'esordio dei Pearl Jam, ma la vicenda è narrata da Jon Krakauer, autore dell'omonimo best seller, perché McCandless morì nel 1992. La voce di Vedder rappresenta la voce del ragazzo, s'immedesima con lui, ne narra i sogni e le speranze espresse sotto il cielo stellato. Tra le undici tracce del primo album da solista di Eddie Vedder c'è spazio anche per due cover: "Hard Sun" (originariamente scritta da Gordon Peterson aka Indio), nella quale Corin Tucker delle Sleater-Kinney si presta come corista e "Society" scritta da Jerry Hannan. Into The Wild è un viaggio folk, estremamente toccante, verso la terra selvaggia ritratta da Sean Penn.

Tracklist
01. Setting Forth
02. No Ceiling
03. Far Behind
04. Rise
05. Long Nights
06. Tuolumne
07. Hard Sun
08. The Wolf
09. End of the Road
10. Society
11. Guaranteed


Eddie per una delle canzoni della colonna sonora, Guaranteed se non sbaglio, è stato nominato per un Golden Globe, quì the interview:

Nomination Golden Globe Award

sabato, dicembre 29, 2007

"Trenta giorni di" primo EP dei madama moré


finalmente (!) eccolo, il nuovo EP "Trenta giorni di" registrato al TrayStudio

playlist:
- la gioia omicida (5.22)
- il mio senso di meta (6.18)
- la gioia solubile (5.50)
- prima vera fallita (5.37)

giovedì, dicembre 27, 2007

Ecco l'Italia. The Dinis

Vecchie piovre bavose...
Lamberto Dini e Donatella Pasquali Zingone (in nero).
Qualche informazione

Affogate nei vostri liquami.

mercoledì, dicembre 05, 2007

Caro Fausto

Caro Fausto Bertinotti, vaffanculo.